Il volume è illustrato con diciotto antiche incisioni, che devono la loro origine, com’è accuratamente segnalato dall’Autore, a una edizione della Divina Commedia di Carlo Witte del 1864.
Sono diciotto quanti gli episodi che l’Ambrosi sottopone a «interpretazione latina», ovvero traduzione poetica delle terzine dantesche nei versi esametro e pentametro, secondo la tradizione classica dei distici elegiaci latini.
Inferno
Purgatorio
Paradiso
Nota di redazione
Si tratta della prima edizione italiana dell’opera dantesca curata da Karl Witte, pubblicata a Milano nel 1864 da Daelli editori.
Nelle pagine introduttive dell’opera (a cura degli editori) leggiamo:
A rendere più bella questa riproduzione, che tenta ravvicinarsi al testo primitivo di Dante, noi l’adornammo di cento antiche incisioni, che ci ravvicinan pure la fantasia di Dante, dimostrandoci il modo nel quale in tempi più presso a lui le sue creazioni erano sentite e idoleggiate. Le togliemmo dall’edizione veneta del 1491, finita a’ dì 3 marzo, lavoro di Bernardino Benali e Matthio da Parma – intorno alle quali ci scrive il dotto bibliografo signor Longhena.
Da: L’avvertenza degli editori, pp. XI-XII.
«Il Batines non dice che siano le prime inventate ad illustrare il poema, ma sono le prime delle quali parli e faccia ricordo nella descrizione che egli dà delle edizioni di Dante; se ne levi quelle grandi poche che adornano l’edizione 1481 di Firenze per Nicc. di Lorenzo della Magna, e l’altra del 1487 di Brescia per Boninum de Boninis; le quali incisioni non hanno a far nulla con queste che adornano la edizion veneta del 1491; le quali si possono (e forse si devono) ritenere le prime inventate ad illustrare e decorare il poema. Queste incisioni, uscite dalla scuola Veneziana, furono giudicate molto belle dal Dibdin, il quale ha dato i fac-simili di quelle dei Canti 1 e 3 dell’Inferno, 2 e 14 del Paradiso. L’importante sarebbe il poter dire con sicurezza l’Inventore e l’Incisore di queste stampe; ciò che io tento e cerco di sapere bene da un anno e più, e che non ho potuto conoscere ancora; come in Venezia né il Cicogna, né altri bibliografi e bibliomani non sanno».