Un itinerario
Un viaggio oltre il tempo e lo spazio, ma per nulla surreale.
Foligno incrocia Dante, Federico Frezzi, Giacomo Leopardi.
Suggestioni e riflessioni dell’accademico Maurizio Coccia.
Un viaggio oltre il tempo e lo spazio, ma per nulla surreale.
Foligno incrocia Dante, Federico Frezzi, Giacomo Leopardi.
Suggestioni e riflessioni dell’accademico Maurizio Coccia.
Giovedì 25 marzo 2021 parteciperemo a DANTEDI’ per ricordare che il 25 marzo 1300 l’Alighieri cominciava il viaggio oltremondano della Commedia.
Lo faremo nel nome di un dantista egregio Saverio BELLOMO (1952-2018), professore all’Università Ca’ Foscari in Venezia.
Nei giorni 23-25 febbraio 2017 è stato tra noi in occasione del Convegno Internazionale su “Federico Frezzi e il Quadriregio nel sesto centenario della sua morte”. Il 24 febbraio, Bellomo tenne una brillante relazione avente per tema: Federico Frezzi sulle orme di Dante.
Tra i molti contributi che Bellomo ha riservato al Divino Poeta, vogliamo segnalare l’edizione della Commedia predisposta per la Einaudi di Torino. Dopo il volume sull’Inferno (2013), aveva iniziato quello sul Purgatorio (2019, postumo, completato da Stefano Carrai). La morte lo ha colto prima di terminare il lavoro di edizione di questo e del Paradiso.
Con l’Accademia Fulginia, il Centro di ricerche Federico Frezzi e l’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia, sezione Umbria.
A Foligno, fu grandissimo il tributo alla Unità e Libertà dell’Italia, tributo di sangue, di carcere e di militanza di tanti Uomini e di alcune Donne di provata fede patriottica. Basti ricordare Cesare Agostini, Colomba Antonietti, Francesco Benaducci. Lo si legge nella bellissima sintesi storica (scaricabile qui in pdf) scritta dal professor Giovanni Lazzaroni, il quale, nel 1960-61, era Assessore all’Istruzione e alla Cultura del Comune di Foligno; e come agevolmente si potrà verificare consultando i tre volumetti storici dei quali mostriamo le copertine.
I contenuti dei tre opuscoli, peraltro, sono stati riproposti integralmente nel volume su Foligno e il Risorgimento (286 pp.) che Fabio Bettoni ha curato per le Edizioni Orfini Numeister e che ha visto la luce nel 2012. In quel libro, insieme ad una pregevole introduzione di Sergio Gentili, allora presidente del Consiglio Comunale e lungimirante committente dell’opera, si leggono contributi dello stesso Bettoni e di Rossana Landi, Elena Laureti, Bruno Marinelli, Annamaria Menichelli, Adriano Serafini, Roberto Tavazzi e Paola Tedeschi: tutti Accademici Fulginei, come Silvia Bosi insostituibile coordinatrice redazionale. Molti concittadini hanno chiesto l’opera alla Biblioteca Comunale e l’hanno gratuitamente ricevuta. Forse la Biblioteca potrà esaudire qualche ulteriore richiesta.
Se ci si domanda che relazione ci sia tra queste parole, l’unica che attira l’attenzione, quanto meno dei folignati, è quella tra Foligno e il cucugnaio. Ma che legame ci sia con il carnevale e soprattutto con Henri Beyle, noto come Stendhal, uno dei maggiori prosatori europei dell’Ottocento, è una curiosità che sarà soddisfatta da chi vorrà tuffarsi nella lettura di questo saggio inedito di Fabio Bettoni il quale, da profondo conoscitore della letteratura francese, ha scoperto il racconto di Stendhal che vi proponiamo in tempo di carnevale, perché la vicenda ivi narrata dall’anonimo gentiluomo italiano fa riferimento al periodo di carnevale di un certo anno.
Nell’edizione italiana di Romanzi e racconti (1826-1839) di Stendhal, curata da Carlo Cordié ed edita da Mursia a partire dal 1965, al riguardo del rapporto che lega i termini che abbiamo posto come titolo, in una nota il curatore scrive: La testimonianza di Stendhal non ci sembra sia mai stata ricordata, nemmeno sotto l’interesse della documentazione del turismo locale (p. 805, n. 23).
Dal carnevale 2021 non è più così.
Roberto Tavazzi
Il sito sul quale si erge l’abbazia di Sassovivo si sta rivelando un prezioso giacimento archeo-medievale. Si giustifica pertanto il titolo “Oltre le Carte” con il quale si dà conto di tale valenza archeologica in due splendidi volumi (2014 e 2019) dovuti all’arte editoriale di Fabrizio Fabbri Editore in Perugia.
Oltre le carte sta per “insieme ed oltre” le membrane pecudine sulle quali, dal 1023 e in seguito per più secoli, uno stuolo di notai redasse gli atti prodotti in quel di Sassovivo dai Monaldi prima e dai monaci benedettini poi; carte che, nonostante la loro consistenza ancora notevole, si tratta di circa 8 mila pezzi, sono purtuttavia residuali di un patrimonio membranaceo e cartaceo dall’entità numerica ben più rilevante; carte sulle quali studiosi di archivistica, codicologia e paleografia stanno cominciando a lavorare di bel nuovo.
Con ciò affiancando gli archeologi attivati dall’Associazione Amici dell’Abbazia di Sassovivo (Foligno, via Sassovivo n. 2, tel. 0742.340499), sodalizio al quale l’Accademia Fulginia dà piena collaborazione scientifica.
Ricerca archeologica e indagine storica s’intrecciano dunque in un percorso comune: ne sono protagoniste le nostre Accademiche Matelda Albanesi, Lia Barelli, Maria Romana Picuti, Roberta Taddei, le quali operano con un nutrito numero di studiose e studiosi valenti.
L’edizione 2020 dei Primi d’Italia/Festival Nazionale dei Primi Piatti, che doveva tenersi nei giorni 24-27 settembre è stata annullata.
Proponiamo di leggere un bel libro nel quale grani, semole, paste e pastai sono protagonisti a tutto tondo: Maccaroni vermicelli e tagliolini. Paste alimentari a Foligno tra Seicento e Novecento, di cui sono autori i nostri accademici Fabio Bettoni e Bruno Marinelli. Il libro, pubblicato nel 2019, è stato distribuito dall’Editore “Il Formichiere” di Marcello Cingolani, e comincia così:
Che la pasta alimentare fosse conosciuta e consumata in Foligno e dintorni già nel Cinquecento, lo testimoniano tracce documentarie sporadiche ma significative, come il nome, o soprannome, di «maccarone» che portano il padre di Pierdonato di Trevi, il figlio del defunto Pierangelo del villaggio di Fondi tra i monti di Foligno, il nonno di Piergentile di Sebastiano di Bevagna ed il locandiere Simone di Matteo Trabalsochi del villaggio di Valle; la «cocchiara da maccaroni», presente nell’inventario dei beni ereditari di un altro locandiere, Sante alias Guercio di Bernardino, e di quelli del nobile Celio Nuti; e, forse, la «ratta cascio» o «gratta cascio», che figura tra i beni relitti da Lauro Barbati, fratello del celebre poeta Petronio e suocero dell’altrettanto famoso poeta Vincenzo Jacobilli, e tra quelli reperiti in casa del sacerdote Marchesio Orfini. Ed altrettanto familiare doveva essere, quantomeno nella nobile famiglia Rossi, il tipo particolare di pasta nota come «vermicelli», giacché i fratelli Cristiano, Carlo e Francesco Rossi possedevano in comune alcune case e botteghe in Roma nei pressi di piazza del Popolo, due delle quali condotte in locazione proprio da vermicellari.
Maccheroni, lasagne e tagliolini figurano nel tariffario dei generi in vendita nelle botteghe dei pizzicagnoli folignati solo nel 1644 (ma non è da escludersi che vi fossero notificazioni precedenti), e, per avere notizia di una prima bottega nostrana in cui la pasta venisse prodotta meccanicamente e posta in vendita, bisogna attendere il 1648. Questo libro vuole fornire un primo approccio d’insieme, e, muovendo appunto dal ’48, si spinge fino agli anni Trenta del Novecento, con ciò attraversando la lunga fase di transizione dalla bottega artigiana, ove produzione e vendita delle paste si combinavano tra loro, alla fabbrica industriale della Ditta Fratelli Pambuffetti della quale facciamo conoscere il profilo al 1938, anno nel quale poteva dirsi concluso il processo di adeguamento alle nuove tecniche produttive e alle relative tecnologie. Duecentonovanta anni di storia filtrati dai profili biografici di una quarantina di pastai, delineati nei contesti famigliari loro, e relativi contorni sociali.
pp. 11-13
All’inizio di luglio, Ediciclo Editore (Portogruaro) ha mandato nelle edicole italiane un tascabile titolato Pedala Italia. 20 viaggi in bici per tutti nelle regioni italiane. L’itinerario n. 12 (pp. 84-89) riguarda lo spazio interregionale Umbria-Lazio ed è intestato a La ciclovia delle Marmore/Da Assisi a Orte – 143,8 km in 5 tappe. Con la tappa n. 1, Assisi – Bevagna 28,6 km si consigliano due deviazioni: una a Spello e una a Foligno; della nostra città si scrive: “con il Duomo del XII secolo e Palazzo Trinci, dal nome della famiglia che governò la città dal 1310 al 1439 arricchendola di monumenti. Fine giornata a Bevagna” (p. 86). Tutto qui (a parte la datazione errata di 1310 per 1305).
Per opportuna (e riteniamo necessaria) integrazione, ci permettiamo di suggerire al ciclopedalatore eventualmente “deviante” la lettura di un altro tascabile: Per le campagne amene. Itinerari cicloturistici nella pianura di Foligno; progettato e scritto da Roberto Tavazzi, con la collaborazione amichevole (in archivio e in biblioteca) di Fabio Bettoni e Bruno Marinelli, il piccolo volume da tasca e da zainetto (151 pp.) è stato stampato da Dimensione Grafica Editrice (Spello) nel 2011. Si è trattato di scelta interessante dell’Amministrazione Comunale di Foligno presieduta dal sindaco Nando Mismetti; una scelta fortemente voluta da Massimiliano Romagnoli, allora vice-sindaco con delega allo Sport. In margine, due notazioni: sembra che il libretto, stampato in centinaia di copie, sia andato “a ruba”; l’Autore e i suoi due Sodàli sono membri autorevoli dell’Accademia Fulginia.
Una vicenda al limite, quella narrata da Carlo Parri nel suo ultimo poliziesco titolato Firmato Cardosa (Il Giallo Mondadori, n. 3191, maggio 2020), che racconta dell’ormai celebre (per gli amanti del genere) Leonardo Cardosa, vice questore aggiunto, siciliano d’origine, operante nella Questura di via San Vitale a Roma. Una vicenda al limite, come al limite è il personaggio centrale, dotato com’è di due cervelli: ma non è di ciò che vogliamo scrivere in questa nota, giacché vogliamo dire della celeberrima Madonna di Foligno, il dipinto di Raffaello che nel giallo di Parri occupa un ruolo di assoluto rilievo.
Consegnando il libro al lettore curioso, ci limitiamo ad osservare che in merito al dipinto l’Autore si è concesso larghe libertà: è del tutto legittimo, per carità; ma non è chiaro se quanto egli scrive sull’opera dell’Urbinate sia frutto di consapevole scelta creativa, o, piuttosto, il risultato di una scarsa conoscenza dell’argomento.
Senza addentrarci sulla questione, indirizziamo lo sguardo di chi ci sta leggendo sul paesaggio rupestre-turrito dislocato sotto l’arco dell’Iride e la Madonna, paesaggio su cui Parri-Cardosa imbastiscono qualche congettura fondamentale nell’economia del plot narrativo. Sul significato di esso e, in particolare, del suo frammento turrito, il discorso resta apertissimo; tra le possibili interpretazioni, indichiamo come estremamente stimolante quella prospettata da Mario Sensi nel brillante saggio su La “Madonna di Foligno” e il suo committente Sigismondo dei Conti di Antignano, alle pp. 101-110 del BSCF, XXXVII (2014).
Qualcuno sarà sorpreso dal fatto che seriosi Accademici Fulginei si dedichino, magari da gran tempo, alla lettura del genere poliziesco, ed in particolare di quello italiano. Tra gli scrittori più vicini nel tempo, Parri, ad esempio, ci ha fatto conoscere il suo poliziotto nel 2012, quando esordì con Il metodo Cardosa, romanzo che vinse il prestigioso Premio Tedeschi di quell’anno (Il Giallo Mondadori, n. 3068). Un approccio tra induzione e deduzione che non sarebbe sfuggito ad Antonio Gramsci, il quale, scrivendo e annotando dal carcere nel quale era stato rinchiuso dal fascismo, non mancava di fare le proprie acute osservazioni su di un segmento della letteratura popolare come il “giallo”, da noi agli albori. (Se ne possono vedere le note ora assemblate in A. Gramsci, Sherlock Holmes e Padre Brown, a cura di C. Daniele e J-L. Ska, introduzione di A.Zuccari, Torino, Marietti, 2019.)
È appena uscito (marzo 2020) il volume su “Federico Frezzi e il Quadriregio nel sesto centenario della sua morte (1416-2016)“, recante gli Atti del Convegno internazionale tenutosi in Foligno e in Perugia nei giorni 23-25 febbraio 2017.
Un volume di 808 pagine, coordinato da Elena Laureti, promotrice del Centro di ricerche Federico Frezzi-Foligno, e Daniele Piccini, italianista dell’Università per Stranieri di Perugia e presidente del Comitato scientifico dello stesso convegno. La pubblicazione si deve all’Editore Longo di Ravenna, tra le più autorevoli case editrici attive nel settore dell’Italianistica. Vi figurano 28 Autori, cui si deve la stesura di 24 contributi, giacché alcuni di essi sono stati redatti a “quattro mani”. Il libro presenta un apparato iconografico di alto livello tecnico, dovuto al grafico editoriale Michelangelo A. Spadoni, il quale si è fatto carico anche dell’imprescindibile indice.
In sintesi, l’opera si articola in aree tematiche.
La prima riguarda Frezzi, i Trinci e Foligno: vi hanno lavorato Jean-Baptiste Delzant, dell’Université de Aix-Marseille, uno dei massimi studiosi del fenomeno signorile in Italia; Carla Frova già in Roma Sapienza, e Marina Soriani Innocenti dell’Università di Pisa, due tra i più noti storici che si occupano delle Università italiane nel Medioevo; il domenicano Carlo Longo, compianto direttore della prestigiosa rivista storica “Archivum Fratrum Praedicatorum”, deceduto senza che potesse rivedere la relazione presentata al Convegno; nonché le nostre accademiche Laureti, Maria Biviglia e Federica Romani.
Nella seconda area si affrontano alcuni “nodi” frezziani, riferiti a grandi temi come la teologia delle virtù, la geografia storica, il diritto, la tirannide: ne trattano il domenicano Alberto Viganò, il nostro Maurizio Coccia, Stefano Andres dell’Università di Pisa e i due Fulginei Paola Tedeschi e Attilio Turrioni.
Nella terza area si discute dei “rapporti” di Frezzi con Dante, Fazio degli Uberti e Paolo Regio; ne scrivono: Francesco Scomparin e Cristiano Lorenzi di Ca’ Foscari; il compianto Saverio Bellomo, tra i più grandi dantisti a noi contemporanei prematuramente scomparso prima dell’uscita degli Atti; Anna Cerbo della napoletana Orientale.
Nella quarta area si illustra la diffusione manoscritta e a stampa del “Quadriregio”; si leggeranno, pertanto, i saggi di: Sandro Bertelli, Università di Ferrara, Ida Giovanna Rao della Laurenziana, Martina Stella della perugina Stranieri, Maria Alessandra Panzanelli Fratoni University of Oxford, Edoardo Barbieri della Cattolica, Giovanna Lazzi iconologa fiorentina.
La filologia forma il quinto blocco tematico del libro, con i contributi di: Piccini, Carla Gambacorta ed Enzo Mattesini rispettivamente delle perugine Stranieri e Statale: saggi di cui rimarranno colpiti i lettori che non frequentano abitualmente le questioni filologiche. Come resteranno colpiti dal saggio sulle rime del poema frezziano, ben 104 pagine fittissime (su due colonne) dovute all’acribia del già menzionato professor Scomparin.
Come fu letto, nel lontano passato il Nostro? Lo raccontano nella sesta area, Maria Grazia Bianchi e Corrado Viola, la prima dell’Università di Losanna, il secondo dell’Università di Verona.
C’è qualcuno che si domanda costernato dove stia andando la cultura a Foligno. Qualcun altro ne lamenta un certo provincialismo e pensa di sprovincializzarla con narcisistiche, arzigogolate alchimie speculative. Altri ritengono quello del Centro Frezzi uno spreco di energie intorno ad un pedissequo “imitatore” di Dante. Si consiglia la lettura del libro appena segnalato.
Pubblicato in “Foligno, bollettino della Pro Foligno”, anno 20°, n. 3-4, p. 23.