seguito da: 2. Dante, Federico e Giacomo
Non potrebbe forse anche Leopardi avere avuto i suoi modelli proprio in Foligno? Si sa che il padre Monaldo, «pur potendo contare su librai e tipografi locali» e soprattutto sullo stampatore mercante Stella, si serviva anche di Giovanni Tommasini di Foligno (M.G. Mansi, La libreria del conte Monaldo, in I Libri di Leopardi, “I Quaderni della Biblioteca Nazionale di Napoli”, Serie IX, n. 2, p. 33), Che conoscesse il Quadriregio è poi cosa nota (abbiamo già citato lo Zibaldone, 3014). Mi permetto di riportare qui il confronto tra una terzina di Frezzi (I, II, 40-42) e il celebre inizio de Il sabato del villaggio, che già proposi in Federico Frezzi geografo? Spazi e paesaggi nei regni del Quadriregio, in Laureti, Piccini, Federico Frezzi e il Quadriregio, p. 446, n. 13:
Frezzi: «Per più piacer, di fiori e di viole / esperta all’elmo, adornava sua testa, / come dalle donzelle far si suole».
Leopardi: «La donzelletta vien dalla campagna, / in sul calar del sole, / col suo fascio dell’erba; e reca in mano / un mazzolin di rose e di viole, / onde, siccome suole, / ornare ella si appresta / dimani, al dì di festa, il petto e il crine».
Similmente (ivi, p. 461, n. 67), un’altra eco frezziana in Leopardi può rinvenirsi nel confronto tra:
«[…] fuggîr del mondo, ch’è palude» (Frezzi, Quadriregio, IV, I, 84);
«[…] e fango è il mondo» (Leopardi, A se stesso, 1835).
Una suggestione, forse. Ma forse la tappa conclusiva di un viaggio ciclico: Foligno, Dante, Federico, Giacomo; un itinerario più svelto di quanto la distanza geografica o temporale non dicano.
Maurizio Coccia